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Il medico non vaccinato deve essere sospeso dal servizio

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Il medico non vaccinato deve essere sospeso dal servizio

Con Sentenza n. 333 del 10 novembre 2021, il TAR del Friuli Venezia Giulia ha confermato la legittimità (nonché obbligatorietà) della sospensione dal servizio del medico che abbia violato l’obbligo di vaccinazione contro il covid19.

IL FATTO – Un medico ha impugnato il provvedimento con cui l’Azienda sanitaria datrice di lavoro lo ha sospeso dall’esercizio della professione per inosservanza dell’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da covid19.

In particolare, il ricorrente ha contestato:

  • il carattere sperimentale dei vaccini e la loro inidoneità a prevenire il contagio;
  • la violazione del procedimento disciplinare previsto per i medici;
  • la violazione di alcune fonti di carattere nazionale ed internazionale (convenzione di Oviedo, Carta di Nizza, CEDU e Costituzione Italiana).

LA DECISIONE DEL TAR – Il TAR adito ha rigettato il ricorso confutando tutte le censure avanzate dal medico. Ed infatti, il primo motivo di ricorso «non è condivisibile, perché parte dall’erronea premessa secondo cui i vaccini attualmente disponibili si troverebbero ancora in fase di sperimentazione. I quattro prodotti ad oggi utilizzati nella campagna vaccinale sono stati invece regolarmente autorizzati dalla Commissione (…). Si tratta di un’autorizzazione che può essere rilasciata anche in assenza di dati clinici completi, “a condizione che i benefici derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari”. Il carattere condizionato dell’autorizzazione non incide sui profili di sicurezza del farmaco (…), né comporta che la stessa debba essere considerata un minus dal punto di vista del valore giuridico, ma impone unicamente al titolare di “completare gli studi in corso o a condurre nuovi studi al fine di confermare che il rapporto rischio/beneficio è favorevole”. Quanto poi all’inidoneità a prevenire il contagio, trattasi parimenti di affermazione erronea e smentita dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità» 

In merito alla asserita violazione del procedimento disciplinare, il Tribunale ha chiarito chee «la sospensione non rappresenta (…) una sanzione disciplinare ma una misura di tutela della salute pubblica. Essa non è irrogata dall’Ordine professionale, né consegue all’esercizio di un potere disciplinare dell’organo di categoria, ma è l’effetto rigidamente predeterminato ed automatico del riscontro di un presupposto di fatto (l’inadempimento all’obbligo vaccinale, accertato dall’azienda sanitaria)». La sospensione è pertanto una misura obbligatoria.

Circa l’asserita violazione delle fonti internazionali richiamate che sancirebbero il principio del consenso informato, il TAR ha sottolineato in primo luogo la loro inidoneità a produrre effetti diretti nell’ordinamento italiano e, in ogni caso, la prevista possibilità di derogarvi per motivi di interesse generale e per la protezione dei diritti e delle libertà altrui. Infine, quanto all’ipotetica contrarietà dell’obbligo vaccinale ai principi della Costituzione italiana, il Tribunale ha ricordato che «tutti i diritti e le libertà individuali trovano un limite nell’adempimento dei doveri solidaristici, imposti a ciascuno per il bene della comunità cui appartiene (art. 2 della Cost.). L’obbligo vaccinale garantisce che il diritto al lavoro del singolo si eserciti nel rispetto dell’interesse alla tutela della salute collettiva. L’ingiustificato inadempimento dell’obbligo, peraltro, ha effetto meramente sospensivo (“fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021”) rispetto allo svolgimento di determinate tipologie di prestazioni (quelle per cui vi sarebbe il rischio di diffusione del virus) e non compromette in via definitiva il rapporto lavorativo del sanitario dipendente».

Il testo completo della decisione può essere estratto dal sito della Giustizia Amministrativa cliccando qui.

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