Sedi

00195 Roma – Via Buccari, 3

Contatti

Cassazione: l’invalido sospeso cautelativamente ha diritto alla retribuzione

  /  Giurisprudenza   /  Cassazione: l’invalido sospeso cautelativamente ha diritto alla retribuzione

Cassazione: l’invalido sospeso cautelativamente ha diritto alla retribuzione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI   Federico                              – Presidente  –
Dott. MONACI    Stefano                               – Consigliere –
Dott. DE RENZIS Alessandro                            – Consigliere –
Dott. DI NUBILA Vincenzo                         – rel. Consigliere –
Dott. PICONE    Pasquale                              – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 31413-2006 proposto da:
CO.GE.PA.  COSTRUZIONI  GENERALI PASSARELLI S.P.A.,  in  persona  del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
CORSO  TRIESTE 185, presso lo studio dell’avvocato XXX,
rappresentata  e  difesa  dall’avvocato XXX,  giusta
mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO
14,  presso  lo  studio  dell’avvocato  XXX,  che   lo
rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;
–  ASL/(OMISSIS) NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro  tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE FEDERICI 2,  presso  lo
studio   degli  avvocati  XXX e   XXX,  che la rappresentano e difendono giusta mandato a  margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso  la  sentenza n. 5276/2005 della CORTE D’APPELLO  di  NAPOLI,
depositata il 09/11/2005 r.g.n. 1507/03;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del
06/07/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI NUBILA;
udito l’Avvocato XXX per delega XXX;
udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott.
FUCCI COSTANTINO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.  Con ricorso depositato in data 27.6.2003, la COGEPA spa proponeva
appello  avverso la sentenza del Tribunale di Napoli  del  14.1.2003,
con  la  quale  era stata parzialmente accolta la domanda  di     M.
P., invalido avviato al lavoro presso la convenuta, intesa  ad
ottenere  il pagamento delle retribuzioni maturate tra la data  della
sospensione (in attesa del pronunciamento del collegio medico di  cui
“infra”)  ed  il reinserimento in servizio. Il lavoratore  era  stato
avviato   ad  accertamento  medico  presso  la  competente  ASL   per
verificare la di lui utilizzabilita’ presso l’impresa, a sensi  della
L.  n.  468  del 1968, art. 20; dopo un lungo ritardo, la commissione
medica  aveva ritenuto il    M. inidoneo alla mansioni di manovale,
ma  tuttavia utilizzabile in mansioni sedentarie. Il Tribunale  aveva
ritenuto tale decisione “favorevole” al lavoratore: di qui in diritto
alle  retribuzioni “medio tempore”. La Cogepa insisteva altresi’  per
la  condanna  della  ASL al risarcimento del  danno  per  il  ritardo
nell’adempimento amministrativo.
2.  La  Corte  di Appello di Napoli confermava la sentenza  di  primo
grado,  limitando peraltro la condanna al luglio 2001, data sotto  la
quale  l’attore  risultava avere reperito altro  impiego.  Questa  in
sintesi la motivazione della sentenza di appello:
–  infondate  sono  le  censure di violazione del  contraddittorio  e
ultrapetizione;   legittimamente  il  Tribunale  ha   utilizzato   un
documento  prodotto  tardivamente dalla stessa Cogepa;  trattasi  del
documento proveniente dalla ASL e relativo all’accertamento medico;
–  la decisione della commissione medica e’ favorevole al lavoratore,
perche’  lo ritiene idoneo a mansioni sedentarie; l’impresa vanamente
allega  di  non  disporre di posti di lavoro sedentari nel  cantiere,
dovendosi invece fare riferimento all’intera azienda;
–  manca  la  prova  della assoluta impossibilita’  di  utilizzo  del
lavoratore  invalido; la legittimita’ della procedura di  sospensione
dell’invalido  avviato  al  lavoro  per  l’accertamento   delle   sue
condizioni  e’  stata affermata dal Tribunale con capo  di  pronuncia
passata  in  giudicato;  e  tuttavia  l’esito  dell’accertamento   e’
favorevole   al   lavoratore,  onde  egli   rettamente   reclama   le
retribuzioni “medio tempore” maturate;
–  il risarcimento del danno viene limitato al luglio 2001, data alla
quale il    M. e’ stato collocato altrove;
– non risultano elementi per affermare una responsabilita’ della ASL,
essendo  il  ritardo  dovuto a ragioni organizzative  e  la  relativa
contestazione da parte della Cogepa risulta “piuttosto generica”.
3.  Ha proposto ricorso per Cassazione la spa Cogepa, deducendo sette
motivi. Resiste con controricorso l’attore    M.. La ASL Napoli (OMISSIS)
resiste  anch’essa  con  controricorso. La ricorrente  ha  presentato
memoria integrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e
falsa  applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della L.  n.
482  del  1968,  art. 20, art. 2697 c.c., artt.  112  e  277  c.p.c.:
l’obbligo di “repechage” facente carico al datore di lavoro trova  un
limite  nel criterio di ragionevolezza; Fattore ha dedotto  fino  dal
ricorso  introduttivo  la  sussistenza di  un  obbligo  datoriale  di
ricercare  un posto di lavoro compatibile con le proprie  condizioni,
ma  nulla  ha allegato e dedotto circa una possibile collocazione  in
altro  sito  o  in altra mansione. In altri termini,  il  giudice  di
appello  non  ha dato risposta all’eccezione per cui nell’ambito  del
cantiere  non  esisteva un posto di lavoro con mansioni sedentarie  e
non ha rilevato la suddetta carenza di allegazione attorea.
5.  Con il secondo motivo del ricorso, la ricorrente deduce ulteriore
violazione della L. n. 482 del 1968, art. 20, degli artt. 115  e  420
c.p.c.,  nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria  motivazione
in  fatto  circa  un  punto  decisivo  della  controversia,  a  sensi
dell’art.  360  c.p.c., n. 5: l’obbligo per il datore  di  lavoro  di
retribuire il lavoratore durante il periodo di sospensione presuppone
che  la  decisione  del  collegio  medico  sia  stata  favorevole  al
lavoratore, valutazione questa erronea e non adeguatamente  motivata;
tenuto anche conto dell’atteggiamento del lavoratore, favorevole alla
sospensione.
6.  Con  il  terzo  motivo del ricorso, la ricorrente  deduce  ancora
violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n.  3,
della  ridetta L. n. 482 del 1968, art. 20, sotto il profilo  che  la
decisione della commissione medica e’ stata in realta’ sfavorevole al
lavoratore,  e  per  di  piu’ ultronea rispetto  alla  richiesta.  La
commissione  ha infatti confermato che il    M. non e’ utilizzabile
come  manovale e non ha tenuto conto che nel cantiere non  esistevano
mansioni compatibili con le condizioni dell’attore. D’altra parte  un
utilizzo  come usciere avrebbe richiesto una vantazione di  requisiti
personali  e  di  riservatezza. Lo stesso e’ a dirsi per  il  settore
amministrativo.
7.  Il  quarto  motivo prospetta ulteriore violazione dell’art.  2697
c.c., artt. 112, 414 e 420 c.p.c., in ragione della apoditticita’ con
la  quale  e’ stato affermato che il    M. poteva essere utilizzato
come impiegato nel settore amministrativo.
8.  I motivi sopra riportati possono essere esaminati congiuntamente,
in quanto tra loro strettamente connessi. Essi risultano infondati  e
vanno disattesi.
9.  Va premesso che l’obbligo per il datore di lavoro di occupare una
determinata   percentuale  di  invalidi  discende   dal   dovere   di
solidarieta’ sociale, in virtu’ del quale anche le persone portatrici
di  menomazioni hanno diritto al lavoro ; l’avviamento delle  persone
svantaggiate  si  pone quindi come un peso imposto  alle  aziende  in
ragione del dovere di cui sopra. Cio’ posto, l’art. 20 della Legge n.
482.1968  dispone tra l’altro che “l’invalido o il datore  di  lavoro
che  lo  occupa o lo deve occupare possono chiedere che sia accertato
che  la  natura  e  il grado dell’invalidita’ non possa  riuscire  di
pregiudizio alla salute o all’incolumita’ dei compagni di  lavoro  od
alla sicurezza degli impianti.
L’accertamento sanitario di cui al precedente comma e’  demandato  ad
un  collegio  medico,  nominato  dal prefetto,  che  ha  sede  presso
l’ufficio  provinciale sanitario e composto dal  medico  provinciale,
che  lo presiede, da un ispettore medico, del lavoro da un medico  in
rappresentanza  dei  datori  di  lavoro  e  da  un  medico  designato
dall’associazioni, opera od ente, di cui all’ultimo  comma  dell’art.
15; il lavoratore puo’ farsi assistere da un medico di fiducia.
Lo  stesso  collegio  medico di cui al precedente  comma  decide,  su
ricorso  dell’invalido  stesso, circa la compatibilita’  dello  stato
fisico  del  ricorrente  con  le mansioni  a  lui  affidate  all’atto
dell’assunzione o successivamente.
Qualora  il  datore  di lavoro, in attesa del giudizio  del  collegio
medico,  allontani  dal  lavoro l’invalido  gia’  assunto  ovvero  si
rifiuti  di  assumerlo,  e’  tenuto  a  corrispondere  a  questi   le
retribuzioni  perdute nel caso in cui il referto del collegio  riesca
favorevole all’invalido. In tale caso il datore di lavoro e’ altresi’
tenuto  ad assegnare all’invalido una occupazione compatibile con  le
sue condizioni fisiche.
Fermo  il  disposto  dell’art. 2103 c.c.,  il  datore  di  lavoro  ha
facolta’  di adibire l’invalido a mansioni diverse da quelle  per  le
quali  fu  assunto  purche’  compatibili con  le  condizioni  fisiche
dell’invalido stesso”.
10.  Appare  evidente,  dalla  lettura della  norma  citata,  che  e’
irrilevante   il  soggetto  dal  quale  proviene  la   richiesta   di
accertamento  da  parte della commissione medica, mentre  l’onere  di
pagare   le   retribuzioni  maturate  “medio  tempore”   durante   la
sospensione  del  rapporto  di lavoro per il  tempo  richiesto  dagli
accertamenti presuppone che il giudizio della commissione medica  sia
“favorevole”  al lavoratore. Nella specie, il giudice  di  merito  ha
preso atto che la commissione medica ha ritenuto il    M. idoneo  a
mansioni sedentarie e quindi ha ritenuto favorevole al lavoratore  il
detto giudizio, con apprezzamento in fatto sufficientemente motivato,
in  quando la Corte di Appello ha dato atto che il    M. non poteva
riuscire  di pregiudizio per l’incolumita’ dei compagni di  lavoro  e
poteva  essere  adibito  a  mansioni  sedentarie.  Ne’  poteva  darsi
ingresso  a  questo r punto alle allegazioni difensive della  Cogepa,
nel  senso  che  nel  cantiere  non esistevano  posizioni  di  lavoro
sedentarie,   oppure  che  l’adibizione  a  mansioni  di   guardiania
richiedeva  un  “quid  pluris”  di  accertamenti  sulla  persona  del
lavoratore.
11.  Il  principio  di affermare e’ il seguente:  qualora  l’invalido
avviato  obbligatoriamente al lavoro risulti inidoneo  alle  mansioni
assegnate,  puo’ il collegio medico di cui alla L. n. 482  del  1968,
art. 20 indicare mansioni alternative e compatibili con le condizioni
di  salute  dell’invalido stesso; in tal caso  grava  sul  datore  di
lavoro l’onere di provare l’impossibilita’ di assegnare il lavoratore
alla  detta  mansione;  ne’  questi e’  gravato  dell’onere  di  dare
indicazioni circa il suo possibile reimpiego. Ed infatti il datore di
lavoro   deve  sopportare  il  “peso”  solidaristico  dell’assunzione
obbligatoria, mentre l’invalido, tra l’altro non ancora inserito  nel 
lavoro,   non   puo’  avere  conoscenza  dell’assetto   organizzativo
dell’impresa e delle mansioni disponibili.
12. Col quinto motivo, parte ricorrente deduce violazione degli artt.
5,  112, 414 e 420 c.p.c., sotto il profilo che il giudice di  merito
ha  utilizzato  un documento tardivamente prodotto, vale  a  dire  il
referto  del collegio medico, al di fuori delle questioni prospettate
dalle parti.
13.   Il  motivo  e’  infondato.  Il  giudice  del  lavoro  ha  ampia
discrezionalita’ nell’acquisire documenti che ritenga  indispensabili
ai  fini  della decisione. Inoltre il divieto di produzione di  nuovi
documenti  non opera quando la parte non ne disponeva all’inizio  del
processo  ovvero  quando  la  produzione  e’  resa  necessaria  dallo
sviluppo  del contraddittorio tra le parti. Nella specie,  trattavasi
di  documento  decisivo,  perche’ e’ sulla base  di  esso  che  viene
verificata la fondatezza della domanda.
16.  Il  sesto motivo del ricorso per Cassazione prospetta  ulteriore
violazione  dell’art.  420 c.p.c., per non essere  state  ammesse  le
prove dedotte dalla convenuta ed atte a dimostrare che non esistevano
mansioni sedentarie nell’ambito aziendale.
17.  Il  motivo  e’  infondato. Il giudice di merito  gode  di  ampia
discrezionalita’ nell’ammettere prove, ove le ritenga  rilevanti.  Ma
nella  specie,  per  le ragioni esposte a proposito  dei  motivi  che
precedono,  era  irrilevante  accertare  l’inesistenza  di  posizioni
lavorative  sedentarie nel singolo cantiere, laddove  era  all’intero
complesso  aziendale che doveva farsi riferimento, e  sempre  tenendo
presente   il   carattere  sociale  e  solidaristico  dell’assunzione
obbligatoria.
18. Il settimo motivo deduce violazione e falsa applicazione, a sensi
dell’art.  360 c.p.c., n. 3, degli artt. 112 e 277 c.p.c., art.  2697
c.c.,  omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione  in  fatto
circa  un  punto decisivo della controversia, a sensi  dell’art.  360
c.p.c.,  n.  5,  per  non  avere la Corte di  Appello  dichiarato  il
colpevole  ritardo da parte della ASL Na (OMISSIS) nell’espletamento  degli
accertamenti medici.
19.  Il  motivo  e’  infondato. Il Tribunale dapprima,  la  Corte  di
Appello  poi  hanno ritenuto che il ritardo sussiste ma  non  risulta
dovuto  a colpa ed e’ stato giustificato documentalmente. Peraltro  i
motivi  di appello sulla reiezione della domanda di risarcimento  del
danno appaiono generici ed inidonei a scalfire la pronuncia resa  sul
punto dal Tribunale.
20.  Il  ricorso deve, per i suesposti motivi, essere  rigettato.  Le
spese  del  grado  seguono  la soccombenza e  vengono  liquidate  nel
dispositivo  nei  rapporti  tra  attore  e  Cogepa.  Va  disposta  la
distrazione delle spese in favore del difensore, il quale ha reso  le
prescritte  dichiarazioni. Quanto ai rapporti tra Cogepa  e  Asl,  si
ravvisano   giusti   motivi  per  la  compensazione,   in   relazione
all’opinabilita’  della  lite  ed al  fatto  che  ontologicamente  il
ritardo sussisteva.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente COGEPA spa a rifondere  a
M.P. le spese del grado, che liquida in Euro 20,00  oltre
Euro tremila per onorari, piu’ spese generali, Iva e Cpa nelle misure
di  legge.  Autorizza  la distrazione di dette spese  in  favore  del
difensore anticipatario avv. Massimo Di Celmo. Compensa le spese  del
grado tra la ricorrente Cogepa e l’ASL Napoli (OMISSIS).
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2010

css.php