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Sull’applicazione dei termini decadenziali all’impugnazione del co.co.pro.

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Sull’applicazione dei termini decadenziali all’impugnazione del co.co.pro.

 

Con Sentenza n. 32254 del 10 dicembre 2019, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha affermato che il regime di decadenza dall’impugnazione del licenziamento (di cui all’art. 32 della l. 183/2010) non si applica alla domanda di nullità del contratto di co.co.pro. quando manchi l’atto datoriale di risoluzione

IL FATTO- Una lavoratrice impugna giudizialmente innanzi al Tribunale competente il contratto di collaborazione a progetto (co.co.pro.), ritenendo di aver prestato servizio in regime di subordinazione e chiedendo, per l’effetto, le differenze retributive e la riammissione in servizio. Tanto il Giudice di prime cure, quanto la Corte d’Appello respingevano il ricorso della lavoratrice, accogliendo l’eccezione di decadenza sollevata dalla società datrice, stante la mancata impugnazione del contratto a progetto entro sessanta giorni dalla cessazione dello stesso.  La lavoratrice adiva la Suprema Corte di Cassazione, rilevando che detto termine non fosse applicabile al caso di specie, atteso che il rapporto lavorativo si era risolto alla scadenza naturale dello stesso, senza alcuna formalizzazione scritta.

LA DECISIONE DELLA CORTE-  La Suprema Corte, ribaltando quanto stabilito nelle decisioni di primo e secondo grado, ha affermato che la disciplina introdotta dal citato art. 32 (della legge n. 183/2010) avente ad oggetto un nuovo termine di decadenza per l’esercizio di un diritto, dev’essere interpretata in modo restrittivo.

Invero, ad avviso dei Giudici il termine di impugnazione stragiudiziale di 60 giorni (cui deve seguire il ricorso giurisdizionale, nei successivi 180, da parte del lavoratore)  introdotto da tale norma non si applica alle ipotesi in cui non vi sia una vera e propria comunicazione scritta del datore di lavoro di risoluzione del rapporto, come nell’ipotesi di recesso dal co.co.pro. per volontà del collaboratore o per scadenza naturale del rapporto, mancando in tal caso un atto che il lavoratore possa contestare.

Sulla scorta di tanto, dunque, la Corte ha accolto il ricorso della lavoratrice.

Il testo completo della decisione: Cassazione Civile, Sez. Lavoro, Sentenza n. 32254 del 2019

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