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Sul computo del servizio pre-ruolo ai fini della ricostruzione di carriera dei docenti

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Sul computo del servizio pre-ruolo ai fini della ricostruzione di carriera dei docenti

Con Sentenza n. 31149 del 28 novembre 2019 la Suprema Corte, Sez. Lavoro, ha ritenuto che il personale della scuola che abbia svolto supplenze ha il diritto a vedersi riconoscere per intero tutto il periodo del precariato (servizio c.d. pre-ruolo).

IL FATTO – Una docente di ruolo dal 1997 della scuola secondaria di secondo grado – che aveva domandato il riconoscimento di 10 anni di servizio di insegnamento pre-ruolo e si era vista riconoscere solo 9 anni di servizio a fini giuridici ed economici, risultando inquadrata nella terza, anziché nella quarta posizione stipendiale del rispettivo CCNL – ricorreva innanzi al Tribunale competente per sentir dichiarare il diritto della stessa alla «progressione professionale retributiva in relazione al servizio prestato in ragione dei contratti di lavoro a termine». Il Tribunale accoglieva il ricorso e condannava il Ministero al pagamento delle differenze retributive. L’Amministrazione scolastica gravava la sentenza di primo grado e la Corte di appello rigettava l’appello, confermando la decisione del Tribunale, escludendo che l’abbattimento previsto dall’art. 485 d.lgs. n. 297/1994 fosse giustificato da ragioni obiettive e, pertanto, disapplicando tale disposizione, in contrasto con la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE. Il Ministero appellava la sentenza innanzi alla Corte di Cassazione.

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE – La Suprema Corte, con due sentenze gemelle – nn. 31149 e 31150, con particolare riguardo al personale ATA – ha ritenuto che in ambito scolastico l’articolo 485 del d.lgs. n. 297 del 1994, laddove prevede per il personale scolastico assunto con contratti a termine, e definitivamente immesso in ruolo, il riconoscimento di un’anzianità inferiore a quella riconoscibile al personale scolastico comparabile assunto a tempo indeterminato, “si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 99/70/CEE ”, che ha riconosciuto la parità di trattamento economica tra il personale di ruolo e precario, e pertanto va disapplicato

Sulla scorta di tale principio la Suprema Corte, dunque, ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione scolastica.

La doppia decisione si pone sulla stessa lunghezza d’onda di quanti hanno sostenuto negli ultimi anni la teoria del c.d. riconoscimento integrale del servizio pre-ruolo, nonché in continuità con quanto affermato dalla Corte di Giustizia europea che, ritenendo del tutto irrilevanti le modalità di assunzione o la natura determinata del rapporto di impiego, ha demandato ai Giudici nazionali di accertare in concreto, caso per caso, se il personale precario abbia beneficiato di ulteriori vantaggi nella ricostruzione di carriera, sufficienti a giustificare la disparità di trattamento rispetto al personale di ruolo, dovendo, in caso contrario, disapplicare il cit. art. 485 (sentenza Motter del 20 settembre 2018), come nel caso di specie.

È evidente, infatti, che la doppia decisione ponga le basi per un nuovo computo degli anni pre-ruolo, avendo quali destinatari tutti gli insegnanti, amministrativi e collaboratori scolastici che si sono visti sottrarre diverse annualità a fronte di decenni di precariato (!), oggi interessati alla restituzione degli aumenti dovuti.

Testo completo della decisione: Cassazione Civile, Sez. Lavoro, Sentenza n. 31149 del 2019

 

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