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Pubblico impiego: le false dichiarazioni del lavoratore non sempre comportano la cessazione del rapporto di lavoro

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Pubblico impiego: le false dichiarazioni del lavoratore non sempre comportano la cessazione del rapporto di lavoro

La Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire come non ogni falsità contenuta nelle dichiarazioni rese dal lavoratore all’atto dell’assunzione alle dipendenze di una P.A. debba necessariamente comportare la cessazione del rapporto di lavoro instaurato.

I FATTI – Il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) aveva proceduto a terminare il rapporto di lavoro instaurato con un docente (a seguito di un concorso bandito ai sensi della Legge n. 105/2015 della sulla “buona scuola”) senza preventivo avvio della procedura disciplinare per aver esso reso dichiarazioni mendaci con l’autocertificazione presentata all’atto dell’assunzione allorquando aveva dichiarato l’assenza di pregresse condanne penali (che invece, al contrario, erano pervenute). Sia il Tribunale di Torino (in primo grado) che la Corte d’Appello della medesima città (in secondo grado) avevano rigettato il ricorso del lavoratore volto a far dichiarare l’illegittimità del licenziamento subito senza preventivo avvio del procedimento disciplinare. E ciò in quanto la decadenza per non veridicità della dichiarazione sostitutiva resa si pone non come sanzione, ma quale effetto oggettivo dell’assenza dei requisiti richiesti e della non corrispondenza al vero della dichiarazione. In buona sostanza, i Giudici di merito avevano ritenuto che la non veridicità della dichiarazione resa giustificasse in sé il provvedimento adottato (cessazione del rapporto di lavoro), posto che l’omessa dichiarazione delle pregresse condanne aveva l’effetto di non consentire alla P.A. una valutazione ex ante in ordine ai fatti di rilievo penale non dichiarati.

LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE – La Suprema Corte, Sezione Lavoro, in accoglimento del ricorso avanzato dal lavoratore, con la Sentenza n. 18699 del 2019 ha precisato che il determinarsi di falsi documentali (art. 127 lett. d d.p.r. 3/1957) o dichiarazioni non veritiere (art. 75 d.p.r. 445/2001) in occasione dell’accesso al pubblico impiego è causa di decadenza, per conseguente nullità del contratto, allorquando tali infedeltà comportino la carenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l’instaurazione del rapporto di lavoro con la P.A. Nelle altre ipotesi, le produzioni o dichiarazioni false effettuate in occasione o ai fini dell’assunzione possono comportare, una volta instaurato il rapporto, il licenziamento, ai sensi dell’art. 55-quater lett d), in esito al relativo procedimento disciplinare ed a condizione che, valutate tutte le circostanze del caso concreto, la misura risulti proporzionata rispetto alla gravità dei comportamenti tenuti.

In buona sostanza, dovrà essere svolta un’indagine caso per caso dal momento che alla falsa dichiarazione o produzione documentale può teoricamente conseguire: a) la decadenza dal rapporto tout court; b) il licenziamento disciplinare (con connesso obbligo di avvio di un prodromico procedimento disciplinare); c) alcun effetto (e, pertanto, il rapporto prosegue regolarmente).

Il testo completo della decisione: Cassazione Civile, Sez. Lavoro, Sentenza n. 18699 del 2019

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