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Pubblico impiego: lo svolgimento di mansioni superiori non determina il diritto al superiore inquadramento

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Pubblico impiego: lo svolgimento di mansioni superiori non determina il diritto al superiore inquadramento

 

 Con Ordinanza n. 26618 del 18 ottobre 2019 la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che ai dirigenti pubblici non si applica l’art. 2103 c.c. e, pertanto, lo svolgimento per ragioni sostitutive di mansioni superiori non comporta per questi ultimi l’inquadramento nella relativa qualifica.

IL FATTO – Un  medico ricorreva giudizialmente al fine di ottenere il riconoscimento del trattamento economico superiore, previsto dalla contrattazione collettiva, in relazione allo svolgimento delle mansioni di responsabile di struttura complessa, affidategli in sostituzione del titolare collocato a riposo. Il Tribunale di prime cure rigettava il ricorso, mentre la Corte di appello ribaltava la decisione, per cui il datore adiva la Cassazione.

LA DECISIONE DELLA CORTE – La Suprema Corte di Cassazione rilevando, preliminarmente, che la qualifica dirigenziale indica esclusivamente l’idoneità di un soggetto a ricoprire un certo incarico (incarico a termine che dev’essere sempre tenuto distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato), ha affermato che ai dirigenti pubblici non possono essere estesi tutti i principi e le norme che regolano gli altri rapporti di lavoro, ivi incluso l’art. 2103 c.c.

Con particolare riguardo al caso di specie, poi, il Collegio ha ritenuto che la sostituzione nell’incarico di dirigente medico non possa essere considerata uno svolgimento di mansioni superiori, trattandosi di un incarico svolto nell’ambito del ruolo e del livello unico della dirigenza sanitaria. Pertanto, al medico sostituto spetta esclusivamente l’indennità sostitutiva e non il trattamento del sostituito, anche se la sostituzione si protrae oltre il termine massimo previsto dalla contrattazione collettiva.

Sulla scorta di tanto la Corte ha accolto il ricorso proposto dall’Azienda Sanitaria.

Il testo completo della decisione: Cassazione civ., Sez. Lavoro, Ordinanza n. 26618 del 2019

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