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Licenziamento disciplinare per una pluralità di condotte contestate: insussistenza del fatto e tutela reintegratoria

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Licenziamento disciplinare per una pluralità di condotte contestate: insussistenza del fatto e tutela reintegratoria

Licenziamento disciplinare per una pluralità di condotte contestate: insussistenza del fatto e tutela reintegratoria

Licenziamento disciplinare per una pluralità di condotte contestate: insussistenza del fatto e tutela reintegratoriaCon la  Sentenza n. 9305 del 7 aprile 2021, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha ribadito quali siano, nel caso di licenziamento disciplinare intimato per una pluralità di condotte, gli elementi necessari a configurare l’ipotesi di “insussistenza del fatto”.

IL FATTO- La Corte d’appello di Trieste confermava la sentenza di primo grado che aveva accertato l’illegittimità del licenziamento disciplinare (per insussistenza del fatto contestato in assenza di antigiuridicità della condotta) intimato da una società ad un lavoratore disponendone la reintegrazione ai sensi dell’articolo 18, quarto comma, della Legge n. 300/1970.

Avverso la statuizione del giudice di merito, la società datrice di lavoro proponeva ricorso per Cassazione, censurando l’applicazione della tutela reintegratoria in luogo di quella indennitaria argomentando circa l’erroneità della statuita insussistenza poiché, per una delle numerose condotte contestate, il fatto si sarebbe verificato. Di conseguenza, si sarebbe al limite potuto censurare il licenziamento irrogato perché ingiustificato (in mancanza di giusta causa) e ciò, in base al quinto (e non quarto) comma dell’articolo 18 della Legge n. 300/70, avrebbe dovuto comportare l’applicazione della mera tutela indennitaria.

LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE- La Corte di Cassazione, a seguito di minuziosa analisi della disposizione in questione, ha rigettato il ricorso del datore di lavoro precisando quand’è che possa dirsi insussistente il fatto contestato nel caso di licenziamento disciplinare intimato per una pluralità di distinti ed autonomi comportamenti, solo alcuni dei quali risultino dimostrati, e cioè «qualora possa escludersi la realizzazione di un nucleo minimo di condotte che siano astrattamente idonee a giustificare la sanzione espulsiva, o se si realizzi l’ipotesi dei fatti sussistenti ma privi del carattere di illiceità». Allo stesso tempo rimane ferma la necessità di verificare la proporzionalità tra la sanzione ed i comportamenti dimostrati: in caso di sproporzione tra sanzione e infrazione si avrà applicazione della tutela risarcitoria «se la condotta dimostrata non coincida con alcuna delle fattispecie per le quali i contratti collettivi o i codici disciplinari applicabili prevedano una sanzione conservativa»; viceversa, la proporzionalità rientra tra le “altre ipotesi” di cui all’art. 18, quinto comma, per le quali è prevista la tutela indennitaria cd. forte.

Sotto altro profilo, continua la Corte, «l’art. 18 I. 300/1970 nel testo novellato riconosce al quarto comma la tutela reintegratoria in caso di insussistenza del fatto contestato, nonché nelle ipotesi in cui il fatto contestato sia sostanzialmente irrilevante sotto il profilo disciplinare o non imputabile al lavoratore; la non proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato ed accertato rientra nel suddetto quarto comma quando questa risulti dalle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, che stabiliscano per esso una sanzione conservativa; diversamente verificandosi le “altre ipotesi” di non ricorrenza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa, per le quali il quinto comma dell’art. 18 prevede la tutela indennitaria cd. forte».

Il testo completo della decisione: Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza n. 9305/2021

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