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Licenziamento disciplinare: il lavoratore va reintegrato in caso di insussistenza del fatto contestato

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Licenziamento disciplinare: il lavoratore va reintegrato in caso di insussistenza del fatto contestato

 

Con Sentenza n. 31529 del 3 dicembre 2019, la Cassazione ha affermato che, quando vi sia sproporzione tra sanzione espulsiva ed infrazione, va riconosciuta al lavoratore licenziato la tutela risarcitoria di cui all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, a meno che la condotta in addebito non coincida con una delle fattispecie per le quali il CCNL prevede una sanzione conservativa.

IL FATTO – Un lavoratore impugnava giudizialmente il licenziamento  irrogatogli dal datore, poiché si era ingiustificatamente rifiutato di trasportare un pacco e aveva abbandonato il proprio posto di lavoro per circa un’ora. Il Tribunale disattendeva le doglianze del lavoratore, mentre la Corte d’Appello accoglieva la predetta domanda, sostenendo che, in assenza di ripercussioni sull’andamento aziendale e a fronte del contesto di elevata conflittualità in cui i comportamenti si erano innestati, il recesso risultava sproporzionato.

LA DECISIONE DELLA CORTE – La Suprema Corte ha ribadito che, una volta esclusa la ricorrenza di una giustificazione della sanzione espulsiva, il Giudice di merito, al fine di individuare la tutela applicabile, deve primariamente accertare la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 18, comma 4, della legge n. 300/1970 (c.d. Statuto dei lavoratori). Pertanto, questi dovrà disporre la reintegra del dipendente nel proprio posto di lavoro, solo ove ravvisi l’insussistenza del fatto contestato (comprendente anche l’ipotesi del fatto materialmente sussistente ma privo del carattere di illiceità) ovvero la riconducibilità dello stesso ad ipotesi punite, dalle previsioni dei contratti collettivi o dei codici disciplinari applicabili, con una sanzione meramente conservativa.

In assenza di tali presupposti, dunque, i Giudici di legittimità hanno ritenuto che anche nell’ipotesi di sproporzione tra il recesso e l’illecito commesso, come nel caso di specie, trova applicazione la tutela indennitaria di cui al citato articolo 18.

Sulla base di tali principi, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando il diritto di questi a vedersi riconosciuta esclusivamente una tutela economica.

Il testo completo della decisione: Cassazione Civile, Sez. Lavoro, Sentenza n. 31529 del 2019

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