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AFAM, emanato il decreto ministeriale sul reclutamento dei professori

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AFAM, emanato il decreto ministeriale sul reclutamento dei professori

Il MUR ha di recente emanato apposito decreto con cui è stata data attuazione all’art. 6, comma 4-ter, della Legge n. 14/2023 di conversione del D.L. n. 198/2022cosiddetto “decreto milleproroghe”, già oggetto di analisi di un precedente post, avente ad oggetto la tematica del reclutamento dei professori in ambito AFAM.

Com’era prevedibile, da più parti sono state sollevate critiche, in alcuni casi anche sdegnate, della cui legittimità non si può certamente dubitare. Gli interessi in gioco, com’è ovvio che sia, sono “ontologicamente” contrapposti: alcuni legittimamente rivendicano l’aspettativa (all’assunzione) maturata alla luce di alcuni anni di lavoro cosiddetto precario reso a favore di varie Istituzioni AFAM; altri, altrettanto legittimamente, rivendicano il diritto di avere una chance e, soprattutto, non vogliono che certe dinamiche (si capirà più avanti a cosa alludo) producano effetti irreversibili ai propri danni.

L’obiettivo di questo mio intervento non è quello di “dire la mia” su cosa ritengo sia giusto o sbagliato (ho la mia opinione ma me la tengo per me perché irrilevante). Molto più modestamente, vorrei cercare di aprire gli occhi di coloro che oggi si lamentano in merito al motivo che ha indotto Governo e Parlamento ad intervenire.

Tutti sanno che io non posso essere tacciato di simpatie per questo Governo – e lo stesso dicasi, in precedenza, per Governi sorretti da altre maggioranze, in primis quello guidato da quel mascalzone politico toscano di cui non voglio neppure fare il nome -, tuttavia mi sembra che le ragioni di questa operazione non muovano da astio o odio nei confronti della condizione dei lavoratori precari, ma, diversamente, da un (presunto) fatto specifico.

Alludo alla (presunta) esistenza di un “sistema” che secondo alcuni, negli anni scorsi, sarebbe stato in grado di condizionare le procedure volte alla adozione delle cosiddette graduatorie d’Istituto e, attraverso queste, le graduatorie nazionali. Questo (presunto) sistema avrebbe di fatto “messo in ruolo” professori mediamente di scarsa qualità a discapito di molti soggetti meritevoli che, al contrario, sarebbero rimasti “fuori”.

Ora, non essendo musicista o artista non sono in grado di esprimere giudizi di merito né, a dire il vero, mi interessa farlo. Sono tuttavia convinto che molti validissimi professori vedano oggi frustrate le proprie aspettative e, da giurista, mi limito a constatare l’assenza di una verità giudiziaria che confermi la fondatezza dell’assunto (cioè l’esistenza del presunto “sistema”).

Però le voci esistono, con tanto di “tariffari”. Probabilmente infondate, frutto di malelingue, ma esistono. E, di certo, la sovraesposizione di qualcuno ha indotto le alte sfere ad intervenire. Questo è poco ma sicuro, posso mettere la mano sul fuoco. D’altronde, a leggere bene, il Ministero lo dichiara nel corpo decreto appena emanato laddove disciplina la scelta dei commissari dei futuri concorsi di sede.

Quindi chi oggi si lamenta – del tutto legittimamente, come ho detto prima – farebbe però bene ad indirizzare i propri strali verso la “causa” scatenante di tutto e a chiedere conto ad essa. Fuor di metafora, forse sarebbe bene aprire gli occhi e scegliere meglio le persone su cui riporre la propria fiducia.

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