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Settore AFAM, arrivano i concorsi di sede

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Settore AFAM, arrivano i concorsi di sede

Con Legge n. 14/2023 (approvata lo scorso 24 febbraio) di conversione del D.L. n. 198/2022, cosiddetto “decreto milleproroghe”, è stata introdotta una importante disposizione in tema di reclutamento dei professori del settore AFAM.

Ed infatti, l’art. 6 – rubricato “proroga di termini in materia di università e ricerca” -, al comma 4-ter, ha previsto che «nelle more della piena attuazione del regolamento di cui all’articolo 2, comma 7, lettera e) , della legge 21 dicembre 1999, n. 508, per l’anno accademico 2023/2024, le istituzioni di cui all’articolo 2, comma 1, della medesima legge possono reclutare, nei limiti delle facoltà assunzionali autorizzate e successivamente ripartite dal Ministero dell’università e della ricerca, personale docente a tempo indeterminato prioritariamente a valere sulle vigenti graduatorie di cui all’articolo 14, comma 4 -quater , del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, nonché sulle vigenti graduatorie nazionali per titoli e, in subordine, mediante selezioni pubbliche per titoli ed esami, nel rispetto dei princìpi di cui agli articoli 35, comma 3, lettere a) , b) , c) ed e) , e 35 -bis , comma 1, lettera a) , del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché di criteri, modalità e requisiti di partecipazione definiti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».

Qual è, in estrema sintesi, il significato della disposizione in parola?

In buona sostanza essa introduce, per il solo anno accademico 2023/2024, due novità rispetto al sistema di reclutamento previgente.

  1. Per un verso, vengono rese utili per le assunzioni a tempo indeterminato le graduatorie adottate dalle Istituzioni recentemente statizzate (ai fini della stabilizzazione del personale connessa al processo di statizzazione) a cui quest’ultime sono obbligate ad attingere in via prioritaria rispetto alle vigenti graduatorie nazionali per titoli (e, cioè, in ordine gerarchico, le cosiddette “graduatorie 143”, “graduatorie 128”, “graduatorie 205” e “graduatorie 205 bis”) da cui si potrà reclutare solo dopo l’eventuale infruttuoso scorrimento delle prime.
  2. Per altro verso, – ed è forse questa la novità più rilevante – nel caso di sussistenza di posti liberi e vacanti all’esito dello scorrimento delle graduatorie nazionali indicate al punto che precede, ogni singola Istituzione è facoltizzata ad indire un concorso di sede per titoli ed esami per l’individuazione del/dei soggetto/i meritevole/i di essere assunto/i a tempo indeterminato (cosiddetta “immissione in ruolo”).

Pertanto, se la novità di cui al punto 1 sembra poter essere considerata una sorta di “protuberanza” del procedimento di statizzazione  (su cui mi riprometto di spendere qualche parola “in separata sede” con un apposito approfondimento), l’innovativa previsione sintetizzata al punto 2 ha sollevato un vespaio di critiche da parte di chi avrebbe preferito l’adozione di una ulteriore – l’ennesima – graduatoria nazionale per soli titoli (l’ipotetica “205-ter”).

D’altronde, è naturale che ogni modificazione delle “regole”  favorisca alcuni a discapito di altri. Ed è scontato che i primi siano d’accordo con il cambiamento ed i secondi contrari. Al Parlamento ed al Governo spetta però il compito di fare le scelte destinate quindi a generare al contempo consenso e delusione.

Per dare un giudizio obiettivo, cioè scevro da condizionamenti derivanti da interessi contingenti, ritengo sia necessario analizzare asetticamente la ratio a monte del provvedimento e l’obiettivo che si vorrebbe raggiungere.

Appare chiaro che le ragioni a fondamento sono sostanzialmente due: da un lato si è voluta attribuire maggiore autonomia decisionale alle singole Istituzioni e, dall’altro, si è inteso tentare di porre fine ad un andazzo non più sostenibile. Da più parti, infatti, negli anni scorsi è stata denunciata l’esistenza di un presunto “sistema” che sarebbe stato in grado di condizionare l’esito dei concorsi di sede per soli titoli – da cui generano le cosiddette “graduatorie d’Istituto” -, specie per alcune discipline ed in alcuni territori.

Orbene, l’attribuzione di maggiore autonomia alle Istituzioni per il prossimo anno accademico mi sembra apprezzabile in quanto coerente con lo “spirito” della Legge n. 508/1999, ma rappresenta pur sempre un ripiego. Infatti, è divenuto non più procrastinabile il definitivo approdo ad un sistema di reclutamento basato sull’abilitazione artistica nazionale che mi auguro venga normata quanto prima con il contestuale adeguamento verso l’alto della retribuzione tabellare dei professori AFAM la cui parametrazione attuale non è degna di un Paese civile.

Per altro verso, non può che trovarmi astrattamente d’accordo la volontà di porre fine al presunto “sistema”. Per amore di verità va però evidenziato che ove si ritenga che esso sia davvero esistito – personalmente non sono a conoscenza di alcun elemento in tal senso – se ne deve dedurre che molti “buoi” sono ormai già scappati dalla “stalla” (con il probabile effetto di livellare verso il basso la qualità della docenza). Un vero peccato giacché, per porre un argine a tale presunto malcostume, sarebbe invero bastato introdurre tempestivamente qualche semplice regola sulla composizione delle commissioni giudicatrici (ad esempio escludendo che il medesimo soggetto potesse essere chiamato a giudicare per più di una volta ad anno accademico)!

In conclusione, per poter esprimere una compiuta valutazione di merito sui futuri concorsi di sede è necessario attendere che il MUR ne fissi con decreto (che dovrebbe essere emanato entro il prossimo 26 marzo) i criteri, le modalità e requisiti di partecipazione.

 

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