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Licenziamenti collettivi: l’obbligo di repechage non viene meno neppure in caso di accordo sindacale

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Licenziamenti collettivi: l’obbligo di repechage non viene meno neppure in caso di accordo sindacale

 

Con Ordinanza n. 118 del 7 gennaio 2020, la Suprema Corte di Cassazione, Sez. lavoro, ha affermato che in caso di licenziamento collettivo se l’accordo intervenuto tra imprenditore e sindacati può determinare criteri di scelta dei lavoratori da licenziare parzialmente difformi da quelli legali, questo non può mai far venire meno l’obbligo di repechage gravante sul datore di lavoro.

IL FATTO- Un lavoratore impugnava giudizialmente innanzi al Tribunale competente il licenziamento irrogatogli nell’ambito di una procedura collettiva. Questi deduceva la violazione dell’obbligo di repechage e l’omessa comparazione, da parte della società datrice, della propria posizione con quella di altri dipendenti, aventi professionalità analoghe, rimasti in servizio. Mentre il Tribunale di prime cure disattendeva la domanda del lavoratore, la Corte d’Appello accoglieva tale domanda, non ritenendo condivisibile la tesi difensiva della società, per la quale l’accordo intervenuto con i sindacati faceva venir meno il predetto obbligo.

LA DECISIONE DELLA CORTE- La Suprema Corte di Cassazione, avallando la statuizione della Corte d’Appello, ha affermato che, in materia di licenziamenti collettivi, tra imprenditore e sindacati può intercorrere un accordo inteso a disciplinare l’esercizio del potere di collocare in mobilità i lavoratori in esubero. Ad avviso della Corte, tale accordo può stabilire anche criteri di scelta difformi da quelli legali, tuttavia sempre rispondenti a requisiti di obiettività e razionalità, adempiendo ad una funzione regolamentare delegata dalla legge. Ne deriva che l’accordo sindacale non può essere contrario ai dettami legislativi e non può, dunque, prevedere che la parte datoriale contravvenga all’obbligo di effettuare la comparazione dei lavoratori licenziati con quelli rimasti in servizio, seppur addetti ad altri reparti.

Sulla scorta di tanto, la Suprema Corte ha respinto il ricorso della società.

Il testo completo della decisione: Cassazione Civile, Sez. Unite, Ordinanza n. 118 del 2020.docx

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