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Consiglio di stato: sull’annullabilità dei contratti di lavoro da parte del giudice amministrativo

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Consiglio di stato: sull’annullabilità dei contratti di lavoro da parte del giudice amministrativo

N. 06135/2011REG.PROV.COLL.
N. 02491/2011 REG.RIC.
N. 02818/2011 REG.RIC.
N. 03282/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2491 del 2011, proposto da XXXXXXXXXXXX, rappresentato e difeso dagli avv. XXXXXXXX e XXXXXXXX, con domicilio eletto presso il primo in XXXXXXXX, XXXXXXXX;

 

contro

 

XXXXXXXX, rappresentato e difeso dagli avv. XXXXXXXX, con

 

domicilio eletto presso il primo in XXXXXXXX;

 

nei confronti di

 

Provincia di Bari, rappresentata e difesa dall’avv. XXXXXXXX, con domicilio elettopresso XXXXXXXX;

 

Provincia di Barletta Andria Trani; XXXXXXXX;

 

sul ricorso numero di registro generale 2818 del 2011, proposto da XXXXXXXX,

 

rappresentato e difeso dall’avv. XXXXXXXX, con domicilio eletto XXXXXXXX;

 

contro

 

XXXXXXXX, rappresentato, difeso e domiciliato come sopra

 

nei confronti di

 

Provincia di Bari, rappresentata, difesa e domiciliata come sopra;

 

XXXXXXXX, Provincia di Barletta Andria Trani;

 

sul ricorso numero di registro generale 3282 del 2011, proposto dalla Provincia di Bari,

 

rappresentata, difesa e domiciliata come sopra;

 

contro

 

XXXXXXXX, rappresentato e difeso dall’avv. XXXXXXXX, con domicilio eletto presso

 

XXXXXXXX;

 

nei confronti di

 

XXXXXXXX, Amministrazione Provinciale di Barletta – Andria – Trani;

 

per la riforma

 

tutti e tre i ricorsi:

 

della sentenza del T.a.r. Puglia – Bari, Sezione III, n. 177/2011, resa tra le parti, concernente

 

CONCORSO PUBBLICO PER LA COPERTURA DI UN POSTO DA DIRIGENTE

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio di XXXXXXXX e della Provincia di Bari;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2011 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le

 

parti gli avvocati Augusto, Nardelli, e Lorusso, anche per delega dell’avv. Palumbo;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO
Il dott. XXXXXXXX, funzionario di ruolo del Comune di Laterza, avendo preso parte alla procedura

 

concorsuale pubblica indetta dalla Provincia di Bari, per esami, per la copertura a tempo pieno ed

 

indeterminato di un posto di dirigente di servizio di professionalità contabile, classificandosi al

 

terzo posto della graduatoria di merito dopo i candidati XXXXXXXX e XXXXXXXX

 

(rispettivamente, primo e secondo), impugnava dinanzi al T.A.R. per la Puglia, con ricorso

 

notificato il 1°.12.2009 e ritualmente depositato, la determina dirigenziale n. 180/IMP del

 

28.09.2009 di approvazione delle risultanze concorsuali e della relativa graduatoria.

 

Veniva altresì impugnato il bando di concorso, e del pari il sottostante regolamento provinciale dei

 

concorsi e delle selezioni approvato con delibera di Giunta provinciale del 27.07.2007, come

 

modificato dalla successiva n. 48 del 08.04.2008, appena pochi mesi prima dell’indizione del

 

concorso, nella parte in cui essi ammettevano l’accesso alla qualifica di dirigente di soggetti che,

 

per il fatto di essere semplicemente iscritti ad un albo professionale,dovevano ritenersi carenti dei

 

requisiti all’uopo previsti dalla legge.

 

A sostegno del gravame il ricorrente deduceva le seguenti censure:

 

1. violazione e falsa applicazione dell’art. 28 d.lgs. n. 165 del 2001, degli artt. 7, 88, 111 del d.lgs n.

 

267 del 2000, dell’art. 117 Cost., eccesso di potere ed incompetenza;

 

 

2. violazione del principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione,

 

violazione ed erronea applicazione dei criteri di valutazione degli elaborati, violazione e falsa

 

applicazione dell’art. 8 del bando di concorso, contraddittorietà, illogicità manifesta, arbitrarietà,

 

eccesso di potere, disparità di trattamento.

 

Si costituivano in giudizio in resistenza al ricorso il dott. XXXXXXXX e la Provincia, eccependo

 

l’inammissibilità (anche per tardività del primo motivo) e l’infondatezza del gravame, e

 

chiedendone il rigetto.

 

Alla Camera di consiglio del 18 dicembre 2009 il ricorrente rinunciava alla domanda cautelare.

 

Con successivi motivi aggiunti il dott. XXXXXXXX chiedeva l’annullamento e la declaratoria di inefficacia

 

del contratto stipulato il 18.12.2009 tra il dott. XXXXXXXX e la Provincia di Bari (e, ove occorresse,

 

della delibera di Giunta n. 207 del 4.12.2009, nella parte in cui aveva dato corso alla costituzione

 

del rapporto di lavoro), riproponendo in via derivata le censure già dedotte con il ricorso

 

introduttivo.

 

Le parti intimate eccepivano l’inammissibilità dei motivi aggiunti per difetto di giurisdizione del

 

Giudice amministrativo e la loro inammissibilità/improcedibilità anche per carenza di interesse, per

 

avere il controinteressato sottoscritto contestualmente un contratto di lavoro con la nuova Provincia

 

di Barletta – Andria – Trani.

 

Il Tribunale adìto con la sentenza n. 177 del 2011 in epigrafe accoglieva, sia pure in parte, il primo

 

motivo di ricorso.

 

Il Collegio reputava censurabile la previsione regolamentare impugnata, trasfusa nel bando, nella

 

parte in cui consentiva ai laureati iscritti nel pertinente albo professionale di partecipare al concorso

 

per l’accesso alla dirigenza indipendentemente dalla dimostrazione, da parte loro, di un effettivo

 

esercizio professionale. La previsione veniva giudicata, oltre che irragionevole, anche contraria ai

 

principi desumibili dal d. lgs. n. 165 del 2001, che richiede che l’accesso alla qualifica dirigenziale

 

avvenga a mezzo di un pubblico concorso mediante un confronto tra soggetti dotati di particolare

 

professionalità ed esperienza lavorativa, le quali, nel caso di attività professionali implicanti

 

l’iscrizione in appositi albi, non possono essere garantite che mediante la produzione di documenti

 

comprovanti l’effettivo esercizio professionale per il periodo conferente, non potendosi ritenere

 

sufficiente il mero dato formale dell’iscrizione all’albo.

 

Il Tribunale riteneva, di riflesso, inammissibile per carenza di interesse il secondo motivo di ricorso,

 

incentrato sul merito delle valutazioni espresse dalla Commissione di concorso sugli elaborati dei

 

candidati.

 

Il primo Giudice, infine, in accoglimento dell’eccezione delle parti resistenti, dichiarava

 

inammissibile la domanda di invalidazione del contratto di lavoro avversario proposta dal ricorrente

 

con i suoi motivi aggiunti per difetto di giurisdizione, appartenendo questa, in proposito, al giudice

 

ordinario.

 

Avverso la pronuncia annullatoria del Tribunale, con separati ma analoghi atti di appello

 

insorgevano la Provincia di Bari ed i dott.ri XXXXXXXX e XXXXXXXX: nelle more, il

 

primo era transitato alle dipendenze della Provincia Barletta-Andria-Trani, e quella di Bari aveva

 

proceduto mediante scorrimento della graduatoria all’assunzione del secondo.

 

Gli appellanti sottoponevano a critica la decisione appellata sia insistendo sulla inammissibilità

 

dell’originario gravame per tardività e pregressa acquiescenza, sia contestandone i contenuti di

 

merito.

 

L’originario ricorrente, dal canto suo, oltre a contestare la fondatezza delle doglianze avversarie,

 

proponeva appello incidentale avverso i capi della sentenza a sé sfavorevoli.

 

Le parti riprendevano e sviluppavano le proprie argomentazioni e tesi mediante memorie e scritti di

 

replica.

 

Alla udienza pubblica del 21 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

1 Osserva in via preliminare la Sezione che, giusta l’istanza delle parti, occorre disporre la riunione

 

degli appelli in esame, siccome proposti avverso la stessa sentenza di primo grado, ai sensi dell’art.

 

96, comma 1, C.P.A..

 

2 Tanto premesso, deve essere subito disatteso il motivo che ripropone l’eccezione di tardività del

 

ricorso di prime cure, conformemente alle condivisibili argomentazioni svolte sul punto dal primo

 

Giudice.

 

L’assunto di fondo dell’originario ricorso è che i dottori XXXXXXXX e XXXXXXXX non possiederebbero i requisiti di partecipazione al concorso, non essendo essi dipendenti pubblici e non potendo vantare esperienza qualificata all’interno della P.A., ma avendo avuto accesso alla procedura sulla mera base della loro iscrizione quinquennale all’albo dei dottori commercialisti, requisito ammesso con previsione oggetto di gravame dall’art. 3 del bando in aderenza al nuovo testo dell’art. 3 del regolamento provinciale dei concorsi e delle selezioni.

 

I resistenti oppongono che la clausola del bando, con il prevedere appunto la possibilità di

partecipazione dei dottori commercialisti iscritti all’albo professionale da un quinquennio, sarebbe stata immediatamente lesiva, in quanto avrebbe ampliato la rosa dei candidati alla procedura, rendendo in tal modo più difficile il confronto concorsuale. Sicché il ricorrente avrebbe dovuto tempestivamente impugnare il bando.

 

L’eccezione è però stata giustamente reputata infondata.

 

Il Tribunale ha infatti aderito al tradizionale e tuttora prevalente insegnamento giurisprudenziale per

 

cui l’onere di immediata impugnazione del bando di concorso è circoscritto al caso della

 

contestazione di clausole riguardanti requisiti di partecipazione che siano ex seostative

 

all’ammissione dell’interessato, o, al più, impositive, ai fini della partecipazione, di oneri

 

manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della

 

procedura concorsuale. Un simile onere va invece escluso nei riguardi di ogni altra clausola, dotata

 

solo di astratta e potenziale lesività (delle determinazioni, cioè, non produttive di per sé di alcun

 

pregiudizio certo ed immediato, ma solo eventuale, futuro e incerto), la cui idoneità a produrre una

 

effettiva lesione potrebbe essere valutata unicamente all’esito della procedura, ove negativo per

 

l’interessato.

 

In altre parole, la regola generale è che deve ritenersi che i bandi di concorso, eccettuate le ipotesi

 

predette, siano impugnabili soltanto unitamente al provvedimento di approvazione della

 

graduatoria, da cui solo scaturisce la lesione attuale della posizione dell’interessato (C.d.S., Ad. Pl.

 

29 gennaio 2003 n. 1; V, 25 maggio 2010, n. 3308; 19 giugno 2009 n. 4073, 14 ottobre 2008 n.

 

4971 e 4 marzo 2008 n. 962; VI, 24 febbraio 2011 , n. 1166). E la fattispecie concreta, in cui la

 

critica da muovere al bando era semplicemente quella di ammettere indebitamente alla selezione

 

una categoria di partecipanti in più rispetto a quelle ammesse dalla legge, non presenta alcun

 

elemento che possa valere a sottrarla all’impero del suddetto canone.

 

3 Va altresì disatteso il motivo di appello riflettente una presunta, preventiva acquiescenza alle

 

regole che erano state poste a base del concorso.

 

Da parte degli appellanti viene ricordato che l’art. 14 del bando stabiliva che la partecipazione al

 

concorso comportava implicitamente accettazione senza riserve di tutte le disposizioni in esso

 

contenute; e si rammenta che l’art. 7 del regolamento provinciale delle procedure selettive

 

attribuisce espressamente ai bandi carattere vincolante anche per i concorrenti. La domanda di

 

ammissione presentata dall’originario ricorrente, inoltre, recava una solenne dichiarazione (resa ai

 

sensi degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445/2000) inclusiva di un’incondizionata accettazione delle

 

condizioni dettate dal bando e delle norme degli appositi regolamenti provinciali (punto 18 del

 

modulo).

 

Neanche questo itinerario argomentativo può essere condiviso.

 

Va preliminarmente rammentato come un fermo orientamento giurisprudenziale escluda che il fatto

 

della presentazione della domanda di partecipazione ad una procedura implichi acquiescenza alle

 

clausole del relativo bando, le quali, anzi, possono essere impugnate solo dopo avere concretamente

 

dimostrato non solo la volontà di partecipare alla procedura selettiva, ma anche la lesione attuale e

 

concreta dell’interesse legittimo azionato (C.d.S., V, 21 settembre 2010, n. 7031); e d’altra parte la

 

presentazione della domanda è un atto normalmente necessario proprio per radicare l’interesse al

 

ricorso (cfr. ad es. C.d.S., VI, 18 settembre 2009, n. 5626).

 

Ciò premesso, è agevole avvedersi che nessuna acquiescenza poteva dirsi formata.

 

Secondo un compatto indirizzo giurisprudenziale, non può ipotizzarsi alcuna acquiescenza o

 

rinuncia preventiva alla tutela giurisdizionale dell’interesse legittimo quando lo strumento di tutela

 

non sia ancora azionabile per mancanza dell’attualità della lesione (C.d.S., VI, 17 settembre 2009, n.

 

5583; 18 settembre 2009, n. 5626, e 29 settembre 2009, n. 5883; V, 14 novembre 2006, n. 6678; 26

 

ottobre 1998, n. 1540). Un’ipotetica acquiescenza si potrebbe configurare, quindi, solo dopo la

 

lesione, che nel nostro caso potrebbe dirsi radicata, però, solo all’esito del concorso (in quanto,

 

come si è appena visto, il bando non era immediatamente lesivo).

 

Va poi fatto notare che secondo un’indicazione giurisprudenziale altrettanto pacifica l’acquiescenza

 

presuppone una condotta consapevole, da parte dell’avente titolo generic hytrin all’impugnazione, che sia, oltre che

 

inequivocabilmente diretta ad accettare l’assetto di interessi definito dall’Amministrazione, anche

 

posta liberamente in essere (C.d.S., IV, 27 giugno 2008, n. 3255 e 2 ottobre 2006, n. 5743; V, 9

 

dicembre 2009, n. 7683, 23 gennaio 2006, n. 201, e 16 giugno 2005, n. 3166). Di contro, è agevole

 

osservare come l’accettazione del bando espressa dal candidato in sede di domanda di

 

partecipazione, avvalendosi del modello all’uopo predisposto dall’Amministrazione, non potrebbe

 

dirsi libera, essendo stata invece imposta dalla stessa Amministrazione quale condizione per

 

partecipare alla procedura.

 

Conclusivamente, è appena il caso di notare che legittimare come acquiescenza una pratica quale

 

quella esperita dall’Amministrazione renderebbe l’applicazione di clausole come quelle addotte a

 

fondamento dell’eccezione in disamina una pratica generalizzata e di routine, con l’effetto di

 

svuotare per le procedure selettive la garanzia costituzionale del diritto alla tutela giurisdizionale.

 

4 Il primo Giudice può essere seguito anche –e con ciò si entra nel merito di causa- nella parte in
cui il T.A.R., disattendendo la più radicale prospettazione attorea, qui riproposta con appello

 

incidentale, ha escluso la diretta applicabilità al concorso per cui è causa delle singole disposizioni

 

dettate dall’art. 28 del d.lgs. n. 165 del 2001 (“Accesso alla qualifica di dirigente della seconda

 

fascia”).

 

Vero è che l’art. 88 del d.lgs. n. 267/2000 (rubricato “Disciplina applicabile agli uffici ed al

 

personale degli enti locali”, che recita: “All’ordinamento degli uffici e del personale degli enti

 

locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del

 

decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni …”), nel

 

prevedere anche per i dirigenti, e rispetto “all’ordinamento degli uffici e del personale degli enti

 

locali”, l’applicazione del d.lgs. n. 29/1993, potrebbe essere riferito anche alle selezioni concorsuali

 

per l’ingresso nella dirigenza locale.

 

Il rinvio da esso disposto, però, vale a richiamare in blocco e per intero la fonte generale da esso

 

evocata, a partire, dunque, dalla previsione preliminare del suo art. 27, poi trasfusa nell’art. 27 d.lgs.

 

n. 165/2001, alla cui stregua “Le regioni a statuto ordinario, nell’esercizio della propria potestà

 

statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, nell’esercizio della

 

propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai princìpi dell’articolo 4 e del presente capo

 

i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità.”

 

Di conseguenza, per quanto riguarda le selezioni per l’accesso alla dirigenza, le amministrazioni

 

locali non sono tenute ad un ineludibile rispetto ad litteram dell’elencazione delle categorie di

 

personale legittimate a concorrere che si rinviene nell’art. 28 del d.lgs. n. 165/2001. Tali

 

amministrazioni possono, invece, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare,

 

adeguare i propri ordinamenti ai princìpi del relativo capo, alla luce delle loro peculiarità,

 

apportando alla detta elencazione i ragionevoli adattamenti che si reputino necessari (in tal senso v.

 

già C.d.S., VI, 18 gennaio 2007, n. 83, pag. 19).

 

Donde la condivisibilità della valutazione del Tribunale che il d. lgs. n. 165 del 2001 non impone

 

alle amministrazioni locali il rispetto integrale delle disposizioni concernenti l’organizzazione del

 

personale e le modalità di accesso ivi contenute, ma ammette la possibilità che le stesse vengano

 

adeguate e modulate dai rispettivi ordinamenti, nel rispetto dei relativi principi generali.

 

5 Il Tribunale, una volta escluso che potessero dirsi direttamente violate le norme dell’art. 28 del

 

d.lgs. n. 165/2001, ha ritenuto, peraltro, che la domanda attorea gli attribuisse anche l’ulteriore

 

compito di valutare la legittimità dell’impugnata previsione di bando dal punto di vista della sua

 

rispondenza ai principi desumibili dalla legislazione statale, richiamati dall’art. 27 della stessa

 

fonte. Ed in questa prospettiva, come si è anticipato, il T.A.R. è pervenuto alla conclusione che la

 

norma di bando in contestazione confliggesse, appunto, con tali principi, nella parte in cui

 

legittimava la partecipazione al concorso di laureati iscritti nel relativo albo professionale

 

indipendentemente dalla dimostrazione del loro effettivo esercizio professionale.

 

6 Gli appellanti obiettano che con questo capo di decisione il Tribunale sarebbe andato ultrapetita,

 

in quanto il ricorrente non aveva espresso una censura quale quella finita accolta, bensì aveva

 

lamentato una violazione del solo art. 28 (e non anche del 27) del d.lgs. n. 165/2001.

 

Anche questa eccezione è priva di pregio.

 

L’appello dell’Amministrazione riporta (alla pag. 15) un brano del ricorso di primo grado la cui

 

considerazione sarebbe già sufficiente a superare l’eccezione. Il brano esprime, infatti, la censura

 

per cui, essendo impossibile equiparare l’esperienza professionale all’interno della P.A. alla mera

 

iscrizione ad un albo (di per sé neppure indice di un effettivo svolgimento della professione), la

 

decisione della Provincia di porre sullo stesso piano requisiti disomogenei ed inerenti a sfere

 

operative diverse sarebbe stata irragionevole. E la pronuncia appellata ha (parzialmente) accolto il

 

ricorso del dott. XXXXXXXX proprio reputando le regole impugnate “irragionevoli”, oltre che “non

 

conformi ai principi desumibili dal citato d.lgs. n. 165 del 2001”.

 

Il Tribunale non è incorso nel vizio di ultrapetizione, peraltro, neppure con l’adoperare il parametro

 

costituito dai suddetti “principi”.

 

La lettura del ricorso di prime cure (cfr. spec. le sue pagg. 11 e 12) fa emergere come questo

 

contenesse una scansione argomentativa in chiave subordinata del tutto simile (sotto il profilo in

 

disamina) a quella che sarebbe stata seguita dal T.A.R..

 

L’originario ricorrente, invero, dopo avere delineato la propria impostazione più radicale, osservava

 

quanto segue. “Ove poi non si volesse attribuire alle norme statali, così come ritenuto, carattere

 

prescrittivo, le illegittimità delle disposizioni regolamentari della provincia non sarebbero

 

attenuate. Difatti, anche a voler considerare l’art. 28 norma di principio, risulta agevole notare che

 

…la Provincia ha oltrepassato i limiti della propria potestà regolamentare. … Dunque, nell’ambito

 

della normativa sulla dirigenza il potere regolamentare è esercitabile nei limiti dei principi posti

 

dal d.lgs. n. 165/2001.”

 

L’eccezione degli appellanti è pertanto infondata.

 

7 Per converso, a meritare in questa sede accoglimento nel merito sono piuttosto delle deduzioni

 

critiche svolte dall’originario ricorrente nell’ambito del suo primo mezzo, non recepite dal primo

 

Giudice e qui reiterate con appello incidentale.

 

Il Tribunale si è limitato a censurare per contrasto con i principi del d.lgs. n. 165 cit. la previsione

 

legittimante la partecipazione al concorso di laureati iscritti all’albo nella parte in cui tale clausola

 

prescindeva dalla dimostrazione di un effettivo esercizio della relativa professione.

 

Si deve però prendere atto che l’art. 28 d.lgs. n. 165 cit., considerato sub speciedi fonte di norme di

 

principio vincolanti gli enti locali ai sensi del precedente art. 27, esprime un quid pluris rispetto al

 

canone della necessaria effettività dell’esperienza professionale pregressa. Esso postula anche,

 

difatti, l’esigenza che tale esperienza sia qualificata, e, soprattutto, sia stata maturata all’interno

 

della P.A., o quantomeno in prevalente rapporto con essa. Precisazione che si impone (in adesione

 

ai rilievi svolti nelle pagg. 13 e 14 dell’appello incidentale in approfondimento del mezzo di prime

 

cure) per lo meno rispetto alle professioni che, proprio come quella di dottore commercialista, sono

 

sovente esercitate in contesti assai distanti da quelli propri della contabilità delle amministrazioni

 

pubbliche.

 

In parziale riforma della sentenza in epigrafe, pertanto, il ricorso di primo grado deve trovare

 

accoglimento nei più ampi termini che sono stati appena indicati.

 

8 Quanto agli effetti di un simile accoglimento, tuttavia, a ragione gli appellanti si dolgono che la

 

sentenza impugnata abbia pronunciato, quale conseguenza del vizio riscontrato, una caducazione

 

diretta ed immediata (in parte qua) degli atti concorsuali. In luogo di ciò, si deduce, si sarebbe

 

dovuto piuttosto prescrivere all’Amministrazione di riaprire il procedimento, al fine di assegnare un

 

termine ai vincitori per verificarne i titoli di partecipazione, in aderenza alle statuizioni del Giudice

 

circa la riscontrata, parziale illegittimità del bando e del presupposto regolamento.

 

L’originario ricorrente obietta che l’illegittimità emersa non attiene –tanto- alla mancata

 

dimostrazione delle competenze dei dott.ri XXXXXXXX e XXXXXXXX nel loro settore, quanto piuttosto alla

 

oggettiva assenza nei loro curricula di pregresse esperienze in seno alla P.A..

 

Si impone, però, l’osservazione che l’illegittimità riscontrata non inficia in toto la previsione

 

(regolamentare e di bando) impugnata, ma solo in parte. Per il fatto, cioè, che gli iscritti all’albo

 

professionale sono stati senz’altro ammessi alla procedura, laddove sarebbe stato necessario

 

condizionarne l’ammissione all’accertamento dei requisiti: dell’effettività dell’esercizio della

 

professione; del carattere qualificato della relativa esperienza; e soprattutto, della circostanza che

 

quest’ultima fosse stata maturata in prevalente rapporto con la Pubblica Amministrazione.

 

Ne consegue, secondo coerenza, che la posizione degli originari controinteressati non può che

 

dipendere dalla necessaria verifica amministrativa, previa assegnazione ai medesimi di un termine

 

perentorio per la produzione della pertinente documentazione, della loro possibilità di soddisfare i

 

requisiti anzidetti. Qualora, in ipotesi astratta, essi ne risultassero in possesso (alla scadenza a suo

 

tempo prevista per la presentazione delle domande), è evidente che la presente decisione non

 

potrebbe giustificare in alcun modo la loro esclusione dalla procedura, che nella detta eventualità

 

sarebbe priva di giustificazione; in caso contrario, viceversa, la loro immediata esclusione si

 

imporrebbe alla stregua di un atto dovuto.

 

Fatte queste puntualizzazioni, non guasta ripetere la opportuna precisazione già fatta dal primo

 

Giudice per cui, “qualora la successiva attività dell’amministrazione non si conformi puntualmente

 

ai principi contenuti nella sentenza oppure non constati le conseguenze giuridiche che da essa

 

discendono, ovvero ancora nel caso di successiva sua inerzia, la suddetta attività o l’inerzia

 

dell’amministrazione potrà eventualmente essere oggetto di giudizio in sede di ottemperanza (cfr.

 

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato n. 9/2008 cit.)

 

9 Per quanto residua, le critiche mosse dall’odierno appellante incidentale alla pronuncia del

 

Giudice locale non sono meritevoli di accoglimento.

 

9a Ciò vale in primis per il secondo motivo dell’originario ricorso, incentrato sulla presunta iniquità

 

di giudizio in cui sarebbe incorsa aapharma.com la Commissione nella valutazione degli elaborati concorsuali:

 

doglianza sostanzialmente assorbita dal primo Giudice e riproposta dall’appellato.

 

In sintesi, la tesi a base del motivo è che ciascuno degli elaborati degli appellanti sarebbe stato

 

gravemente incompleto, e come tale meritevole di esclusione o almeno di un punteggio

 

insufficiente, mentre le prove dell’appellato, benché particolareggiate e complete, non sarebbero

 

state adeguatamente apprezzate, bensì sacrificate da un giudizio di mera sufficienza.

 

Hanno però buon gioco gli appellanti ad opporre l’inammissibilità di contestazioni siffatte, in

 

quanto intese a sindacare spazi riservati alle valutazioni discrezionali dell’organo collegiale cui

 

l’ordinamento affida in via esclusiva il giudizio sugli elaborati dei candidati.

 

Il motivo è infatti diretto, in sostanza, a sostituire all’apprezzamento tecnico della Commissione

 

appositamente preposta quello dello stesso ricorrente, attraverso l’auspicato intervento del Giudice.

 

Le determinazioni della Commissione, per converso, per pacifica giurisprudenza (cfr. tra le tante

 

C.d.S., IV, 15 febbraio 2010, n. 835; V, 16 agosto 2010, n. 5724; VI, 9 febbraio 2011, n. 871),

 

normalmente si sottraggono al sindacato del Giudice di legittimità, a meno che non siano

 

macroscopicamente viziate da illogicità, travisamento o arbitrarietà manifesti, figure sintomatiche la

 

cui ricorrenza nel caso concreto non è dato riscontrare.

 

9b Né può trovare migliore sorte il tentativo dell’originario ricorrente di superare la declaratoria di

 

inammissibilità che ha colpito i suoi motivi aggiunti per difetto di giurisdizione in favore del

 

giudice ordinario.

 

Il dott. XXXXXXXX chiedeva, con i suoi motivi aggiunti, l’annullamento e la declaratoria di inefficacia del

 

contratto stipulato il 18.12.2009 tra il dott. XXXXXXXX e la Provincia di Bari, e, ove occorresse,

 

impugnava anche la delibera di Giunta n. 207 del 4.12.2009, nella parte in cui aveva dato corso alla

 

costituzione del rapporto di lavoro.

 

Il T.A.R., concentrandosi senz’altro sulla proposta impugnativa contrattuale, ha fatto notare come la

 

stessa esorbitasse dall’ambito della propria giurisdizione.

 

Tale soluzione non può che essere confermata.

 

Il Giudice amministrativo, che non può conoscere delle impugnative di ordinari contratti, non ha

 

giurisdizione, infatti, sulle controversie inerenti all’area del rapporto di impiego privatizzato, ma

 

solo sulle procedure concorsuali che ne precedono l’instaurazione. E, diversamente da quanto si

 

registra in tema di contratti della P.A. per l’affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, non vi

 

è alcuna norma che estenda verso valle la giurisdizione amministrativa sulle procedure concorsuali,

 

dotandola anche di una potestà di intervento diretto sul contratto di lavoro.

 

Nell’appello incidentale, d’altra parte, non si tenta nemmeno di confutare i principi appena esposti.

 

Ci si limita a dire che oggetto di diretta contestazione mediante i motivi aggiunti non sarebbe stato

 

il contratto di lavoro, ma la delibera n. 207 del 4/12/2009, che in realtà, tuttavia, era stata gravata

 

solo ad abundantiam.

 

Donde la conferma dell’anzidetta statuizione di inammissibilità.

 

10 In conclusione, l’appello incidentale deve essere in parte accolto, nei termini che sono stati

 

precisati nel paragr. 7, mentre gli appelli principali con l’eccezione del profilo esaminato al paragr.

 

8 devono essere respinti.

 

Per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, l’originario ricorso di primo grado va

 

accolto nei più ampi termini, ma nel contempo con gli effetti, indicati nei paragrafi appena citati.

 

Le spese processuali del doppio grado possono essere compensate tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riuniti gli appelli in epigrafe, accoglie

 

nelle parti rispettivamente indicate in motivazione l’appello incidentale e gli appelli principali, e per

 

l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, accoglie l’originario ricorso di primo grado

 

nei più ampi termini, ma nel contempo con gli effetti, sopra precisati.

 

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2011 con l’intervento dei

 

magistrati:

 

Pier Giorgio Trovato, Presidente

 

Francesco Caringella, Consigliere

 

Eugenio Mele, Consigliere

 

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

 

Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

 

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

Il 21/11/2011

 

IL SEGRETARIO

 

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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