Sedi

00195 Roma – Via Buccari, 3

Contatti

Cassazione: se l’impresa licenzia per riduzione di personale non può più assumere

  /  Giurisprudenza   /  Cassazione: se l’impresa licenzia per riduzione di personale non può più assumere

Cassazione: se l’impresa licenzia per riduzione di personale non può più assumere


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI    Guido                               – Presidente  –
Dott. DE RENZIS Alessandro                          – Consigliere –
Dott. DI NUBILA Vincenzo                            – Consigliere –
Dott. STILE     Paolo                          – rel. Consigliere –
Dott. IANNIELLO Antonio                             – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA oct 24, 2014  
sul ricorso proposto da:
I.N.P.S.  –  ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in  persona
del  suo Presidente e legale rappresentante pro tempore avv.to    S.
G.P., in proprio e quale mandatario della S.C.C.I.  S.P.A.  –
Societa’  di  Cartolarizzazione dei Crediti  I.N.P.S.,  elettivamente
2010  domiciliati  in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso  l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati XXX, giusta mandato in calce  al
ricorso;
– ricorrente –
contro
D.T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO 47,
presso  lo  studio  dell’avvocato XXX,  rappresentato  e
difeso dall’avvocato XXX, giusta mandato a margine del
controricorso;
– controricorrente –
e contro
S.R.T. S.P.A.;
– intimata –
avverso  la sentenza n. 107/2006 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,
depositata il 11/07/2006 r.g.n. 68/05;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del
25/05/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;
udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott.
PATRONE  Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso,
in subordine rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il  Tribunale  di Campobasso, con sentenza del 28/10/2004,  rigettava
l’opposizione  di             D.T.A. (anche  quale  titolare  della
omonima  ditta)  avverso cartella esattoriale,  emessa  a  carico  di
quest’ultimo  e  relativa  a credito vantato  dall’INPS  (di  importo
totale  di  Euro  9874,51)  per il recupero  di  maggiori  contributi
previdenziali,  relativamente al lavoratore           D.M.V.,  gia’
licenziato dallo stesso    D.T. in epoca infrannuale e per il quale
non  poteva  beneficiarsi  di  agevolazione  contributiva  stante  la
sussistenza  di obbligo di riassunzione L. n. 264 del 1949,  ex  art.
15.
Riteneva    il    Tribunale   che   prevalente   era   l’orientamento
giurisprudenziale circa l’obbligo di riassunzione anche  in  caso  di
licenziamenti  plurimi,  e  che  non era  rimasto  acclarato  che  il
lavoratore  interessato  avesse  effettivamente  espletato   mansioni
superiori  inerenti alla diversa qualifica attribuitagli in  sede  di
sua rinnovata assunzione.
Avverso  tale decisione proponeva appello il    D.T., cui resisteva
l’INPS (anche quale mandatario di SCCI spa).
Con sentenza del 24 marzo-11 luglio 2006, l’adita Corte di Appello di
Campobasso accoglieva il gravame.
A sostegno della decisione, osservava che dalla espletata istruttoria
emergeva  che il lavoratore     D.M. era stato assunto  nell’aprile
2000  con  una qualifica diversa rispetto a quella attribuitagli  nel
pregresso rapporto e da cio’ ricavava che nella fattispecie  non  era
ipotizzabile  un  obbligo di riassunzione, posto che nell’azienda  si
era  determinata  una diversa esigenza soddisfatta  con  la  medesima
persona di cui si era valorizzata una diversa professionalita’.
La  Corte distrettuale riteneva altresi’ che il diritto di precedenza
alla riassunzione da parte della medesima impresa andava escluso  sia
per  effetto delle disposizioni dell’accordo interconfederale in data
5  maggio  1965,  sia  in  considerazione dell’inapplicabilita’  alle
imprese edili della procedura di mobilita’ di cui alla L. n. 223  del
1991, ai sensi dell’art. 24, comma 5, della legge citata.
Dall’esclusione dell’obbligo di riassunzione derivava la possibilita’
di usufruire delle agevolazioni contributive.
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre l’INPS con tre motivi.
Resiste il    D.T. con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con  il  primo motivo di ricorso, l’INPS denuncia violazione e  falsa
applicazione della L. 29 aprile 1949, n. 264, art. 8, comma 1, 4 e  4
bis, della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 15, comma 6 e dell’art. 24
comma 4 (art. 360 c.p.c., n. 3).
Osserva  che i benefici contributivi di cui alla L. n. 223 del  1991.
art.  8,  comma 4, sono previsti per il datore di lavoro  che  assume
lavoratori iscritti nelle liste di mobilita’, senza essere  obbligato
alla  loro riassunzione ai sensi della L. n. 264 del 1949,  comma  6,
art. 15 e quando il collocamento in mobilita’ nei sei mesi precedenti
non  sia  stato operato da impresa dello stesso o analogo settore  di
attivita’  con  assetti  proprietari coincidenti  o  in  rapporto  di
collegamento o controllo con l’impresa che assume.
In  altri  termini,  il  meccanismo del beneficio  si  attiva  quando
sussistono  due presupposti che appaiono ineludibili: iscrizione  del
lavoratore  nelle  liste di mobilita’; diversita’  del  soggetto  che
licenzia  rispetto  a  quello che assume. Nella fattispecie,  essendo
pacifico che l’impresa che aveva licenziato il lavoratore      D.M.
era  la  stessa  che  dopo  quattro mesi  l’aveva  riassunto,  doveva
ritenersi, sulla base di tale dato incontestato, la violazione  della
L. n. 223 del 1991, art. 8, commi 1 – 4 e 4 bis.
Con  il  secondo motivo, l’Istituto, denunciando violazione  e  falsa
applicazione  della L. 23 luglio 1991, n. 223, art.  8,  comma  1,  e
dell’art.  24,  comma 4, della L. 29 aprile 1949, n.  264,  art.  15,
comma  6,  e dell’art. 5 dell’accordo interconfederale del  5  maggio
1965,  censura  l’impugnata sentenza nella parte in cui  ha  ritenuto
insussistente l’obbligo di riassunzione del lavoratore licenziato  da
parte  di  imprese edili,allorquando il lavoratore venga riassunto
come nella specie – con diversa qualifica (carpentiere di 3^ livello,
mentre nel pregresso rapporto era carpentiere di 2^ livello).
Con il terzo motivo, infine, il ricorrente, denunciando insufficiente
e  contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto decisivo per  il
giudizio   consistente  nella  diversita’  di  funzioni  svolte   dal
dipendente       D.M. in esito alla riassunzione, sostiene  che  la
Corte  di Appello di Campobasso non avrebbe sufficientemente motivato
l’assenta   superiorita’  delle  mansioni  svolte  dal         D.M.
dall’aprile 2000.
Il   ricorso,  pur  valutato  nelle  sue  diverse  articolazioni,  e’
infondato.
Con  riferimento al godimento dei benefici contributivi  per  cui  e’
causa,  la  L. n. 223 del 1991 prevede una unica condizione  ostativa
per  il  godimento delle agevolazioni, costituita dal  fatto  che  la
assunzione per la quale l’impresa invoca gli sgravi contributivi  non
deve  essere  avvenuta  in  applicazione del  diritto  di  precedenza
previsto dalla L. 29 aprile 1949 n. 264.
Detta  condizione negativa e’ sicuramente assente nel caso di specie,
atteso  che la ditta Di Toro non ha assunto nell’aprile 2000 il  sig.
D.M.V.in applicazione del diritto di precedenza previsto
dalla  L.  29  aprile 1949, n. 264, art. 15. Sul punto  la  Corte  di
Campobasso  ha  osservato che non era prospettabile una  riassunzione
obbligatoria  del      D.M., il quale nell’aprile  2000  era  stato
assunto  per  soddisfare un’esigenza lavorativa  diversa  rispetto  a
quella per la quale era stato assunto in precedenza.
Al  riguardo la sentenza impugnata ha, infatti, puntualizzato che  ex
actis  risultava  che  il  lavoratore     D.M.  era  stato  assunto
nell’aprile 2000 quale carpentiere di 3^ livello, mentre la qualifica
dello  stesso durante il rapporto lavorativo conclusosi nel  dicembre
1999  era  di  carpentiere  di 2^ livello; sicche’  una  riassunzione
obbligatoria  di  esso       D.M. non  era  ravvisabile,  essendosi
prospettata  una diversa esigenza lavorativa in seno all’impresa  dei
datore,  sebbene poi in concreto soddisfatta con la medesima persona,
valorizzandosi una differente sua professionalita’.
La   posizione  assunta  dalla  Corte  distrettuale  e’  fondata  sul
condivisibile orientamento di questa Corte, secondo cui, con riguardo
alla  disciplina posta dalla L. 29 aprile 1949, n. 264, art. 15,  ove
il  datore  di lavoro abbia proceduto al licenziamento di  dipendenti
per riduzione di personale, il lavoratore licenziato ha la precedenza
nella  riassunzione  presso la medesima azienda  entro  un  anno  dal
licenziamento, sempre che la richiesta di nuova assunzione,  numerica
o  nominativa,  presentata dal datore di lavoro, riguardi  lavoratori
della medesima qualifica di quello licenziato (Cass. n. 937/1990).
Ne’  puo’  fondatamente  sostenersi che,  nella  specie,  la  diversa
qualifica avrebbe carattere puramente formale, avendo svolto  il  D.
M., in seguito alla nuova assunzione, le medesime mansioni svolte
nel  pregresso rapporto lavorativo. Invero, la maggiore  complessita’
delle  mansioni,  espletate  da  quest’ultimo  successivamente   alla
riassunzione  alle  dipendenze  della  ditta  resistente,  e’   stata
adeguatamente argomentata dalla Corte di appello, operando un preciso
accertamento di merito del quale ha dato esurientemente  conto  nella
sentenza.  Ha  osservato la Corte di merito che l’istruttoria  svolta
sul  punto  –  contrariamente all’avviso espresso dal  primo  giudice
nella  gravata decisione – aveva dato riscontro alla configurabilita’
di  una  maggiore complessita’ di mansioni espletate dal       D.M.
quantomeno  a far tempo dalla assunzione di aprile 2000 (aspetto  che
caratterizza  la  piu’ elevata qualifica nel campo della  carpenteria
edile).  A  sostegno della sua convinzione ha richiamato, oltre  alla
deposizione  del teste                I.G.A., quella  dello  stesso
D.M., da ritenere non inattendibile, siccome circostanziata  e
resa  in assenza di rapporto di lavoro attuale col    D.T. – mentre
le  dichiarazioni  circa medesime mansioni, rese in  occasione  della
indagine    amministrativa,   “risultavano   generiche    quanto    a
specificazione  di  mansioni nell’ambito  di  quelle  generali  della
attivita’ di carpenteria edile”.
Ha  poi  osservato  come  la deposizione del            D.T.M.  non
apparisse  invece  dirimente, avendo esso  espresso  in  sostanza  un
giudizio (di tipo qualitativo) “con l’indicare come specializzate  le
mansioni  sempre svolte dal          D.M.V.”; ed a tal riguardo  ha
ulteriormente osservato che sul piano logico risultava  credibile  la
piu’ elevata qualificazione professionale assegnata al     D.M.  in
sede  di  assunzione nell’aprile 2000, poiche’ lo  stesso  lavoratore
gia’  da lungo tempo aveva espletato lavoro di carpenteria, e  dunque
ben  poteva  aver  acquisito gradualmente quella maggiore  perizia  e
autonomia  operativa,  si’  da  renderlo  definitivamente  idoneo   a
svolgere  funzioni superiori nella organizzazione dell’impresa  edile
del          D.T.A.”.
La Corte di Appello di Campobasso ha dunque accertato e compiutamente
motivato  che  il sig.     D.M. dall’aprile del 2000, aveva  svolto
alle dipendenze della ditta Di Toro, mansioni diverse e specializzate
rispetto a quelle espletate in precedenza.
Non  ravvisandosi nell’iter motivazionale del Giudice di  appello  le
violazioni  denunciate dall’Istituto e prescindendo  dalle  ulteriori
censure,  mosse alla impugnata pronuncia, da ritenersi assorbite  per
quanto precede, il ricorso va rigettato.
L’alterno  esito  dei  giudizi  di  merito,  comprovanti  l’obiettiva
difficolta’ dell’apprezzamento dei fatti, giustifica la compensazione
delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Cosi’ deciso in Roma, il 25 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2010

css.php